Idrope News
Il blog del Dott. La Torre
Che risultati aspettarsi dalla cura per acufeni o per ipoacusia?
Quel che espongo qui è parte fondamentale delle spiegazioni che do a ogni paziente prima di proporre una cura per acufeni o ipoacusia, ma penso sia utile pubblicarlo anche qui.
Questo articolo aggiunge qualcosa a quanto pubblicato nelle seguenti pagine di questo sito che vi consiglio comunque di leggere.
Non esiste alcun criterio per poter etichettare come spacciato l’orecchio qualunque sia il tempo trascorso. I danni permanenti, e se ci sono danni nell’orecchio sono inevitabilmente tali, non li può diagnosticare nessuno, salvo biopsia che non si può fare o autopsia che aiuta poco ai fini del paziente. E perfino in quel caso, mancando un confronto diretto con quello che abbiamo nel vivo chi può dire che quelle che vediamo non siano solo alterazioni post mortem?
Altra premessa fondamentale è che i sintomi si devono valutare individualmente. L’avere vertigini certamente da idrope ad esempio, non significa che allora lo sia anche l’acufene, se costante e invariabile. Potrebbe benissimo esserlo ma non possiamo darlo per scontato solo perché ci sono altri sintomi da idrope certo.
Ma affermare che ogni acufene e ogni ipoacusia neurosensoriale siano potenzialmente curabili non significa che lo siano sempre e per tutti.
Ci sono diverse situazioni che posso trovarmi davanti come specialista, quando un paziente si rivolge a me per acufeni e/o ipoacusia, tenendo presente che nessuno può essere guarito, ovvero avere la garanzia che in futuro non ci saranno recidive, comunque trattabili. Recidive che magari non ci saranno mai, ma la certezza da me non la potete avere mai.
Qui mi riferirò all’acufene, ma ogni considerazione riguarda allo stesso modo anche l’ipoacusia. Quindi dove leggete acufene potreste benissimo sostituire con ipoacusia.
Per farvi comprendere meglio dividerò i diversi casi in quattro situazioni distinte assegnando a ognuna una sigla (cosa che nella realtà non faccio mai, ma è utile qui per capire meglio)
1. Paziente con acufene fluttuante, variabile, fino a fasi, recenti, di scomparsa certa, in assenza di rumore esterno coprente ovviamente o per semplice distrazione.
Lo chiameremo paziente di tipo RT (reversibilità totale), riferendomi alla reversibilità spontanea, anche senza terapia.
Questo è idrope di sicuro e solo idrope, non essendo ovviamente possibile che danni permanenti diano sintomi reversibili e recidivanti. Questo paziente ha quasi sempre notevoli benefici dalla terapia anche se a volte ci possono comunque essere delle difficoltà o necessità di fare di più. Per questi pazienti nella maggior parte dei casi basta la terapia semplificata, senza fleboclisi.
2. Paziente con acufene invariabile, fisso, costante, senza nessuna variazione apparente.
Lo chiameremo paziente R0 o RN (reversibilità zero – reversibilità nulla)
Questo può benissimo essere ancora solo idrope, ma potrebbe essere in parte o in tutto anche l’espressione di ipotetici danni permanenti, che comunque perfino in caso di fallimento della terapia restano ipotetici e indimostrabili. Qui ci giochiamo la partita senza nessuna prognosi, incoraggiati solo dal dato statistico che poi, alla fine la maggior parte dei pazienti di questo gruppo sono perfettamente trattabili con successo. Ovvero pur avendo un acufene fisso e invariabile, il problema sottostante è l’idrope. Ma davvero qui non possiamo fare alcuna previsione. Potremmo ottenere risoluzione totale, parziale o nulla. Ma ne ho trattati tanti, anzi tantissimi, con successo…e vale sempre la pena provarci se si sta male. Per questi pazienti preferisco proporre la terapia avanzata ovvero una terapia anche con fleboclisi più cortisone e altre modifiche relative alle dosi dei neurofarmaci, poiché presumibilmente, e questo si conferma nella mia esperienza, serve fare di più rispetto a chi già ha reversibilità spontanea.
3. Paziente che pur avendo un sintomo sempre presente ha evidente variabilità di intensità del problema.
Lo chiameremo paziente RP (reversibilità parziale).
Qui bisogna distinguere due gruppi separati.
In un primo sottogruppo ci sono quei pazienti con fasi seppur transitorie di riduzione tale da metterci la firma, come si dice, con acufene del tutto accettabile per il quale se fosse sempre così basso, nemmeno mi chiederebbe di fare una terapia, quello è un paziente che avrà probabilmente risultati più che sufficienti e sarà spesso un paziente soddisfatto che non ha bisogno di altro. E comunque potrebbe anche essere dovuto tutto a idrope e stare benissimo. Lo chiameremo paziente RP1, per capirci.
Ma esistono anche pazienti RP2 che hanno il sintomo, sia esso ipoacusia o acufene, fluttuante, con evidenti variazioni di intensità, ma che non si riduce mai a livelli davvero accettabili. Per quelli possiamo ottenere un quasi sempre un miglioramento, e una riduzione del problema relativamente alla quota fluttuante mentre non posso pronunciarmi, al pari della categoria RN, per la quota fissa e invariabile. Se per intenderci un acufene fluttua da volume minimo 4 a volume massimo 8, posso tenerlo per lo più a 4, con sporadiche occasionali riacutizzazioni, ma mai potrò, prima di fare la terapia e vedere che risultati ottengo, garantire che da 4 vada a zero. Può benissimo succedere, ma non semplicemente non lo posso prevedere in anticipo.
In questo sottogruppo ci sono peraltro alcuni pazienti RP-RP, dove il secondo RP sta purtroppo per rompipalle (prima di tutto verso se stessi), che comunque non saranno mai contenti fino a che non avranno avuto la certezza della scomparsa totale (possibile, ma non dovrebbe essere quello l’obiettivo) e definitiva del problema, diventato magari un minimo acufene residuo che percepiscono appena cercandolo nel silenzio assoluto e che nella realtà non dà alcun fastidio. Questo tipo di paziente non sarà mai soddisfatto, qualunque risultato si ottenga, non potendo garantire se non mentendo l’assenza di possibili recidive future, comunque di solito facili da trattare.
4. A questi gruppi aggiungerei il paziente del gruppo 0 (zero). Paziente con sintomo presente ma che non dà alcun reale fastidio o che è solo preoccupato di possibili evoluzioni future, e spesso è solo vittima del terrorismo psicologico creato da altri medici, da letture in internet o da trasmissioni televisive.
Questo paziente non ha bisogno di nulla e di nessuna terapia a meno che non sia per ansia o carattere simile ai pazienti con il secondo -RP sopra citati. Al massimo gli fa bene una chiacchierata esplicativa e tranquillizzante (probabilmente mai ottenuta prima da altri medici), se già non gli basta tranquillizzarsi leggendo quel che scrivo ovunque.
Perché non faccio (più) esami per verificare l’idrope prima di proporre la cura almeno a quelli in cui non ho certezze da dare? Perché ne ho fatti anche troppi in molte migliaia di casi riscontrando SEMPRE l’idrope in TUTTI i pazienti (e anche in oltre il 60-70% degli accompagnatori sani dei miei pazienti, che non avevano alcun sintomo).
Il problema non è se l’idrope c’è o meno ma se quell’idrope, che c’è sempre, è anche la causa del problema con esito favorevole se lo trattiamo.
La mia capacità di fare una previsione (peraltro non sempre certa) su quanto potremo ottenere con la terapia si ferma quindi a quanto sopra spiegato. Ma è anche evidente che non esiste alcun paziente “scartabile” al quale possa consigliare di non far nulla, se ha in effetti problemi che giustifichino la cura.
Unica eccezione è la sordità totale monolaterale, anacusia, con zero risposta all’esame audiometrico, per la quale posso già escludere un recupero totale, perché da solo l’idrope non può arrivare a dare sordità totale. Potremmo comunque ottenere risultati parziali, che per il paziente potrebbero comunque essere importanti. Ma alla fine non so quanto ne valga la pena. Ma perfino in quest’ultimo caso per l’acufene invece non possiamo escludere nulla. Perfino una sordità totale potrebbe accompagnarsi ad acufene totalmente dovuto a idrope e perfettamente trattabile.
E in ogni caso si deve ragionare sintomo per sintomo e non globalmente. Si potrebbero avere situazioni diverse in caso di patologia bilaterale, con danni da un lato e solo idrope dall’altro ad esempio o perfino per i due sintomi, nello stesso lato.
Insomma alla fine vale il principio che ogni acufene e ogni ipoacusia neurosensoriale sono potenzialmente da idrope.
E se consideriamo l’assenza di alternative terapeutiche e l’assenza di veri effetti collaterali della terapia, chi può essere escluso dalla cura, sia essa indirizzata certamente verso quel che dobbiamo curare o solo tentativo, peraltro accompagnato da statistiche confortanti?
Ricordando sempre peraltro, che quel che non possiamo magari ottenere oggi, con l’attuale versione di terapia, lo potremmo magari ottenere domani, con futuri miglioramenti. La mia terapia dal 1998 ha subito costanti aggiornamenti e ogni anno viene perfezionata più volte come è giusto che sia.
Ci sono pazienti che pur non avendo avuto nessun risultato in passato, hanno mantenuto la loro fiducia nella mia serietà e onestà (e questa è l’unica cosa che posso garantire a tutti i pazienti in modo indiscriminato) e ci hanno voluto riprovare a distanza ottenendo ottimi risultati. E ovvio che non avevano danni permanenti poi scomparsi. Semplicemente non ne avevano nemmeno prima ma magari le versioni precedenti della terapia erano state insufficienti.
Dr. Andrea La Torre
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