LA TERAPIA
Obiettivo della cura per idrope
Cosa aspettarsi?
La terapia non può guarire l’orecchio in modo definitivo, come non può farlo nessuna terapia in medicina e per nessuna patologia, con l’eccezione delle asportazioni chirurgiche dell’organo malato o delle malattie infettive che lasciano immunità permanente. Sono possibili, ma non obbligatorie, recidive, comunque trattabili. Ma la terapia può farvi star bene spegnendo o migliorando, anche in base alla presenza o meno di possibili situazioni irreversibili, l’attuale condizione e permettervi una rapida risoluzione, in caso di recidiva, che potrebbe anche non esserci mai o presentarsi magari in forma leggera a distanza di anni. La verità è che non lo possiamo prevedere. Ma d’altronde non mi pare che qualcuno, per ora, offra alternative migliori alla mia terapia.
Se siete entrati nel sito direttamente in questa pagina vi consiglio di leggere e apprendere in modo progressivo con l’esplorazione guidata partendo dalle basi per poi passare alla diagnosi, ai sintomi e infine alla terapia.
Il concetto di beneficio sufficiente. Salute non vuol dire perfezione!
Nell’ affrontare una terapia, come per ogni progetto, ovviamente dovete sapere quale è il vostro obiettivo, quali le risorse e quali i limiti, ma soprattutto dovete avere chiaro quel che per voi significa star bene. Siete infatti voi e solo voi a poter giudicare quanto l’eventuale quota presente o persistente del disturbo sia in effetti fastidiosa e meritevole di cura. Non potete chiedere a me, o ad altri in famiglia ad esempio, se state bene o no!.. Lo potete sapere solo voi! Ma qui vi darò dei consigli per capire cosa è logico porsi come obiettivo.
L’obiettivo della cura per idrope che io propongo non è né la totale scomparsa assoluta di eventuali sintomi comunque non fastidiosi né la guarigione definitiva, bensì il cosiddetto “beneficio sufficiente” e a questo bisognerebbe puntare come risultato cercato.
Beneficio sufficiente significa che non ritenete, qualora il beneficio persistesse, di avere bisogno di altra terapia, perché state bene.
Ovviamente l’ideale è non avere alcun sintomo, cosa che si raggiunge in molti casi, ma anche un livello di benessere per il quale non mi avreste nemmeno contattato per fare terapia, scorporando dai vostri sintomi ansia e preoccupazione, spesso derivanti dalla non conoscenza del disturbo stesso, dovrebbe essere considerato beneficio sufficiente. Perché salute non vuol dire perfezione.

In Medicina non si deve curare tutto, ma solo quel che è una possibile patologia pericolosa, per la salute o per la vita, e l’idrope non lo è, o quel che costituisce un reale fastidio tale da richiedere una cura.
E non dimenticate che parliamo di disturbi di per sé estremamente frequenti nella popolazione generale che la maggior parte delle persone hanno, hanno avuto o avranno nel corso della vita (me compreso), senza dargli per la loro occasionalità e sporadicità, o grado, alcuna importanza Quindi il problema non è avere un sintomo di una malattia, ma un disturbo. E un disturbo è per definizione tale solo se… disturba.
Purtroppo però è anche vero che ormai la società sta cambiando, e la Medicina ormai diventa sempre meno affidabile, e purtroppo anche più sporca e avida, e i medici sempre meno tranquillizzanti e sempre meno… medici. L’ipocondria è diventata un male sociale. E l’ansia galoppa indisturbata, giustificando il tutto magari con gli eventi esterni e mondiali (come se invece prima non foste ansiosi…). E ci si dimentica che, nonostante pandemie, guerre locali europee delle quali molti si sono già dimenticati, crisi economica e stress quotidiano, in Italia l’aspettativa di vita media è 82 anni contro i 48-50 di alcuni paesi africani dove ancora si muore per un puntura di zanzara ed dove ancora nel 2022 (dati Unicef) se mettete al mondo un figlio avete ancora il 10-12% di possibilità che non arrivi a cinque anni e l’8-9% che non arrivi nemmeno a un anno. E non so voi ma io, seppur cresciuto con la guerra fredda, il terrorismo e gli anni di piombo, non baratterei mai la mia vita con quella di chi si è fatto la seconda guerra mondiale, o con chi è morto per banali infezioni solo perché Fleming (Alexander, non Ian lo scrittore di 007…) non aveva ancora scoperto la penicillina. E se noi siamo ansiosi e soffriamo per ogni più piccolo disturbo, gli altri, gli africani di oggi o anche gli italiani di allora, che dovrebbero dire? Non dimenticatelo mai, nel giudicare quanto siete malati (augurandovi che la vostra “malattia” sia solo questa, il che purtroppo non è scontato) che viviamo in un’epoca e in un parte del mondo dove acufeni o vertigini sono considerati malattie. E io mi sono sempre considerato solo che fa bene il suo lavoro, dando il suo piccolo contributo per farvi star meglio, non certo un medico che salva vite umane!
Consigli per valutare il beneficio sufficiente e la reale necessità di avviare o proseguire una cura per idrope.
- Non lasciatevi influenzare da esperienza precedente o da paura di recidive future. Se state bene dovete interpretare questo come “beneficio sufficiente”!
- Attenzione però a non accontentarvi eccessivamente o considerare il beneficio ottenuto solo su uno o alcuni disturbi principali ma anche quello su altri disturbi per i quali ritenete sia necessaria terapia.
- La terapia non potrà mai in nessun modo garantirvi con certezza l’assenza di recidive (può succedere ma non lo possiamo sapere prima), per cui “beneficio sufficiente” non può essere la “guarigione assoluta” con certezza di assenza di recidive future.
- La cura per idrope può anche a volte portare alla risoluzione completa, ovvero alla scomparsa dell’acufene anche nel silenzio, al recupero totale dell’udito normale ecc…, ma questo non deve necessariamente essere l’obiettivo prefissato perché avere un lieve acufene o un lievissimo disequilibrio occasionale o piccoli transitori aumenti del disturbo o un udito tale da non creare alcun reale problema non è detto che debba essere oggetto di ulteriore cura.
- Il concetto di beneficio sufficiente non deve essere rapportato agli altri. Un ragionamento che da sempre condanno è “l’acufene non mi dà fastidio ma siccome gli altri non ce l’hanno è una patologia e allora non lo devo avere nemmeno io”. Errore doppio sia per la competizione salutistica con altri, davvero assurda, sia perché in realtà moltissimi ce l’hanno o hanno altri disturbi che avete anche voi (sono disturbi frequenti e comuni), ma non ve lo vengono a raccontare perché non lo considerano importante, come magari di loro non sapete molte altre cose.
- Il concetto di beneficio sufficiente non deve essere inteso come prevenzione del futuro che non conoscete, e che non offre nessuna probabilità statistica tale da assicurare una prevenzione possibile, a meno di non mantenere terapia a vita per qualcosa che potrebbe però non capitare mai anche senza terapia.
- Non dovete pensare “se porto l’acufene a zero è più improbabile che torni a livelli fastidiosi”. Potrebbe restare a valore 1-2 e mai salire oltre 3 per tutta la vita, o essere portato a zero per poi schizzare a 7 in un giorno tutto assieme e costringerci a rifare terapia. Lo zero deve essere obiettivo se anche solo 1 vi dà vero fastidio e non per calcoli probabilistici sul futuro.
- Non dovete rapportare il beneficio rispetto a come stavate prima. Certo sarete felici se prima stavate malissimo e adesso grazie alla terapia solo male, ma l’obiettivo è farvi stare bene e quindi non dovete accontentarvi. In quel caso vi serve terapia o fare di più.
- Non dovete confondere l’attenzione psicologica cognitiva che portate al disturbo con il disturbo che il sintomo stesso vi dà. Ovvero “di per sé sentire questo acufene non mi crea problemi ma mi costringe a pensare che allora sono malato” non è un disturbo da acufene ma di tipo psichiatrico, se persistente. Se l’acufene (o altro) vi dà solo ansia dovete curare soprattutto l’ansia non l’acufene, così come la terapia di chi soffre di aracnofobia (paura dei ragni) non è, e non dovrebbe essere, sterminare tutti i ragni del pianeta.
- Non dovete limitarvi alla cura nei confronti di un solo sintomo o disturbo, se ritenete che anche altri siano meritevoli di cura, ma non dovete assolutamente pensare che uno crei l’altro. L’acufene non causa ipoacusia, l’ipoacusia non causa l’acufene ecc…
- Mantenete aspettative reali e davvero utili. Un esempio per capire: paziente che da 40 anni non sente più a sinistra e ci ha vissuto benissimo senza problemi fino a quando non sono arrivati l’anno scorso vertigini e acufeni. Con la cura passano completamente le vertigini e gli acufeni, ma l’udito resta invariato. Perché mai dovremmo obbligatoriamente andare avanti fino al recupero dell’udito se non gli dava alcun problema in precedenza?
- Ogni sintomo è una partita a sé stante. Pensare “poiché la cura ha funzionato sulle vertigini, sicuramente funzionerà sull’acufene”, ad esempio, è sbagliato, ma se avete bisogno di curare l’acufene, dovete andare avanti e non fermarvi alla cura delle vertigini se i risultati per l’altro disturbo tardassero o fossero incompleti.
- Rapportate sempre pro e contro. Il fastidio residuo è tale da giustificare la proposta di proseguimento terapia?
- Evitate sfide e capricci tipo “devo sconfiggere l’acufene” o “voglio il silenzio assoluto”, quando magari prima non ve ne è mai importato nulla.
- Evitate i ragionamenti logici errati esempio “poiché sono musicista per me è importante proseguire la cura fino a guarigione e non mi basta non avere alcun fastidio ecc...”
- Evitate di colpevolizzare i vostri disturbi per tutto e di usarli come alibi. “Non riesco a studiare perché ho l’acufene”, ad esempio, quando magari, in realtà, non avete più voglia di studiare, indipendentemente dal sintomo, o “ho problemi con mio marito che non capisce il mio disequilibrio” quando magari avete sempre avuto problemi di comprensione reciproca anche prima.
- Evitate il vantaggio secondario. “Se mi passa tutto poi come faccio a lamentarmi e avere le attenzioni che ho da quando sto male ?” che potrebbe farvi riferire di star peggio di come in effetti davvero state.
- Obbiettivo della cura è star bene e non la perfezione. Quasi tutti hanno o hanno avuto occasionali acufeni, che hanno generato anche detti popolari tipo “mi fischiano le orecchie perchè qualcuno mi sta pensando”, o piccoli ovattamenti, o lievi capogiri, senza che questo significhi nulla.
- Con le vertigini in particolare ricordate che un grave episodio intenso con vomito ma isolato non costituisce vera recidiva se restasse episodio isolato mentre un costante stato di lieve disequilibrio soggettivo che mai sfocia in vero attacco acuto se fastidioso, è motivo di cura. Conta l’intervallo libero da disturbi piuttosto che l’intensità del singolo episodio sporadico.
- Obiettivo della cura è farvi stare come prima che iniziaste ad avere problemi e non meglio! E non dovete considerare sintomi di malattia quelli che sono disturbi (e solo se ..disturbano). Intendo dire che se per caso avevate un acufene che non vi dava alcun fastidio ad esempio, e per il quale una volta tranquillizzati sull’assenza di gravi patologie ve lo siete tenuto senza problemi perché non vi dava alcun fastidio, se poi avete avuto in seguito aumento dell’acufene o comparsa di altri sintomi, non dovete avere come obbiettivo anche la scomparsa dell’acufene ma solo il riportare le cose come stavano prima. Non avete sbagliato “trascurandolo” perché non è per quello che poi avete avuto altri problemi, che sarebbero potuti venire lo stesso a distanza di tempo.
- Diverso però è se quell’accettazione era forzata e motivata solo dall’assenza di cura. Nel 1970 quando in Italia fu approvato il divorzio moltissime coppie divorziarono non perché solo ora ne avessero motivo ma solo perché prima non era possibile. Se avreste sempre voluto una cura che non c’era è giusto farla ora che c’è (o meglio ora che sapete che una cura c’è, visto che io propongo una terapia da quasi 25 anni).
- Ma allo stesso tempo ricordate che deve essere la domanda di cura a generare l’offerta di cura e non il contrario (il che ormai purtroppo avviene sempre in ogni settore). Non si fa una cura perché una cura è disponibile, ma perché ne avete reale bisogno.
- Non rapportatevi a quel che si potrebbe ottenere ma a quel che davvero vi serve. Non si porta avanti una cura quando state secondo voi bene, solo perché altri pazienti riferiscono risultati migliori del vostro, mostrando che è possibile arrivarci. E questo indipendentemente dal fatto che per voi sia possibile o no.
- Ricordate che esistono disturbi potenzialmente intrattabili come soprattutto alcuni acufeni fissi invariabili o alcune forme di ipoacusia che potrebbero in teoria essere dovuti a danni permanenti comunque mai diagnosticabili o dimostrabili. Ma l’eventuale persistenza di evidenti fluttuazioni, variazioni o ricorrenze indica che il problema è ancora l’idrope e che quindi se questo per voi è fastidioso dovreste andare avanti perché, statisticamente e probabilisticamente parlando, avete ancora margine di cura. Ma il criterio della presenza o meno di reale fastidio residuo deve essere quello dominante nella decisione.
Ma la due domande finali che dovete porvi valutando tutto questo sono…
- Cosa cambierebbe davvero se ottenessi ulteriori risultati andando avanti con la cura o avviando la terapia (se non l’avete proprio iniziata)?
- Sto già abbastanza bene da andare avanti con la mia vita senza che i miei sintomi da orecchio interferiscano con la mia vita normale e serenità?
Se la risposta è poco o nulla alla prima e sì alla seconda, allora vuol dire che state già bene!
Come proseguire…
Oppure, se volete fare un ripasso più sintetico, in appena 10 minuti guardate questo breve video.
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