Crisi di vertigini acute ricorrenti e idrope

SINTOMI E DISTURBI DA IDROPE

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Crisi di vertigini acute ricorrenti e idrope

Per crisi di vertigini acute ricorrenti intendiamo attacchi di vertigini ripetuti nel tempo, con intervallo variabile, di percezione acuta, non reale, di movimento, di solito, ma non obbligatoriamente, di tipo rotatorio, dell’ambiente circostante rispetto al nostro corpo o del nostro corpo rispetto all’ambiente, di durata e intensità variabile anche nella stessa persona, in epoche differenti. Tutte le crisi acute ricorrenti o recidivanti sono sempre dovute all’idrope endolinfatico.




Se siete entrati nel sito direttamente in questa pagina vi consiglio di leggere e apprendere in modo progressivo con l’esplorazione guidata partendo dalle basi per poi passare alla diagnosi, ai sintomi e infine alla terapia.

In questa pagina:


Crisi di vertigini acute a grappolo e crisi ricorrenti sporadiche

Per parlare di crisi di vertigini ricorrenti o recidivanti devono essercene ovviamente almeno due. Ma le due crisi possono essere nello spazio di un’intera vita, e non è importante, ai fini della definizione di crisi ricorrenti, che siano magari a distanza di 30 anni l’una dall’altra o in due giorni consecutivi.

In alcuni casi le crisi si presentano “a grappolo“, con attacchi di vertigine acuti ravvicinati, magari anche tutti i giorni o con più crisi nella stessa giornata, ma con una pausa nella sensazione vera e propria di vertigine acuta (ovvero la stanza o il soggetto smettono di girare seppur per breve tempo), nonostante possa persistere disequilibrio o malessere generale e ansia o panico tra una crisi e l’altra, e spesso con lunghi intervalli di mesi o anni tra un gruppo di crisi e il successivo. Spesso il “grappolo” è dovuto proprio allo stress che la crisi stessa comporta e una crisi, insieme alla frequente reazione di panico che la accompagna, predispone all’altra. Erroneamente il paziente spesso riferisce crisi che durano diverse giornate, ma in realtà se si indaga bene si tratta quasi sempre di numerose crisi ravvicinate con intervallo e non di una crisi unica, nonostante il paziente spesso non si riprenda completamente nell’intervallo tra due singoli attacchi acuti veri e propri tanto da identificarle come un’unica crisi prolungata o più semplicemente resti a letto più a lungo di quanto davvero necessario, per paura.

Ma ci sono anche pazienti che hanno crisi singole e isolate per quanto intense, assolutamente sporadiche, a volte separate l’una dall’altra anche di molti anni.

Ai fini della reale necessità di terapia quel che bisogna considerare non è tanto l’intensità della singola crisi quanto la frequenza con la quale compaiono, tenendo ben separato quel che è vertigine da quel che è paura di future vertigini. Un paziente che ha crisi magari una volta all’anno per quanto intense non ha bisogno di alcuna terapia, ma semmai solo di sapere come spegnerla in caso si ripresentasse. Non ha alcun senso fare terapia preventiva a vita. Ma chi ha magari cinque minuti o meno di crisi più leggere quasi tutti i giorni è a tutti gli effetti da mettere in terapia in quanto la sua situazione è molto più invalidante ai fini della programmazione della propria vita o dello stress che non quella del caso precedente.

Bisogna anche tener conto dello stato attuale. Non si fa terapia preventiva solo perché il paziente ha avuto diverse crisi ma lontane nel tempo rispetto a oggi perché scopo della terapia è spegnere la fase acuta. E se il vero problema è la paura della vertigine e se è questa a limitare la vita del paziente serve supporto psicologico, mio o se non sufficiente di uno psicologo, non cura per vertigini che al momento non ci sono. Ricordando che comunque non possiamo ottenere la guarigione ovvero la certezza che mai ci saranno crisi in futuro ma possiamo spegnere ogni fase acuta, intendendo ripresa delle vertigini ravvicinate che si dovesse presentare, rapidamente.


Il meccanismo alla base del singolo attacco di vertigine acuta

La singola crisi di vertigini deriva verosimilmente dalla stimolazione creata dal brusco aumento di volume dell’endolinfa (liquido) nel settore vestibolare (labirinto posteriore) dell’orecchio interno, che va a piegare la cupola (il recettore) nell’ampolla dei canali semicircolari. Creandosi un improvviso squilibrio e un’asimmetria tra i segnali provenienti dai due lati (esattamente come in condizioni fisiologiche quando muoviamo la testa), il cervello risponde, come fisiologicamente deve fare, con il nistagmo, ovvero con un lento movimento degli occhi, seguito da una scossa di recupero rapida che riporta l’occhio in posizione centrale. La successione rapida di questi movimenti dell’occhio comporta la percezione di rotazione dell’ambiente circostante a occhi aperti, sebbene per movimenti più lenti e stimolo minore possa prevalere la sensazione soggettiva che sia il proprio corpo a ruotare (vertigine soggettiva). La vertigine soggettiva acuta è di solito espressione di una stimolazione meno intensa rispetto alla crisi “oggettiva”, ma non ha una causa o una sede di produzione differente. E’ comunque l’orecchio e comunque l’idrope. Ma anche il cervello viene informato e quel che il cervello percepisce è la vera “vertigine”. La percezione cosciente di rotazione e la vertigine si hanno, in effetti, anche a occhi chiusi, il che anzi può aggravarla, mentre fissare un punto a occhi aperti la può ridurre.

La crisi di vertigini acuta si accompagna spesso a fenomeni neurovegetativi più o meno intensi, quali pallore, tachicardia, sudorazione, nausea, vomito, che possono essere però di grado molto variabile o a volte mancare del tutto, e che non sono comunque prodotti direttamente dall’orecchio, ma dal cervello in conseguenza di quel che sta succedendo nell’orecchio. La necessità “fisiologica” dei fenomeni neurovegetativi associati alla vertigine, sinceramente, non la comprendo o non la so ma mi piacerebbe capirlo di sicuro.


Modalità di presentazione delle crisi di vertigini. Crisi maggiori e crisi brevi da movimento.

Esistono due varietà principali di vertigine acuta:

  • Le crisi di vertigini spontanee, che definisco anche crisi “maggiori”, non scatenate da alcun movimento specifico ma a insorgenza spontanea e generalmente della durata più lunga, a volte anche di molte ore, che spesso possono essere però episodi isolati e sporadici.
  • Le crisi di vertigini “posizionali”, scatenate da un movimento della testa o da un cambiamento di posizione, spesso sempre lo stesso movimento specifico, più frequenti a letto nel girarsi da un lato, o al momento di coricarsi, ma anche per altri movimenti, generalmente di breve durata, ma che possono comunque essere intense e spesso “a grappolo”, nel senso spiegato prima.

Entrambi i tipi di attacchi acuti di solito sono accompagnati da intensi fenomeni neurovegetativi (nausea, vomito, pallore, sudorazione, variazione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa ecc…), ma sono generalmente più importanti e più frequenti nelle crisi spontanee maggiori di più lunga durata.

Tradizionalmente questi due tipi di vertigine sono tenuti completamente distinti. Le crisi di vertigini “maggiori” vengono etichettate come Malattia di Meniere, se ci sono anche altri sintomi, o spesso restano senza diagnosi se al di fuori di un quadro classico di sindrome di Meniere con tutti i sintomi, o inventandosi la definizione di Meniere vestibolare o sindrome menieriforme, che non vuol dire assolutamente nulla, Le brevi crisi posizionali scatenate dal movimento, sono invece da tutti (eccetto me!) attribuite a spostamento di otoliti (teoria della cupololitiasi).

In realtà si tratta di due possibili diverse manifestazioni di crisi di vertigini acute recidivanti da idrope e spesso entrambe le modalità compaiono nello stesso paziente in periodi differenti e probabilmente anche in contemporanea, se pensiamo che sebbene la vertigine “maggiore” sia spontanea e non scatenata da uno specifico movimento, i movimenti della testa durante la crisi la possono accentuare o riacutizzare quando apparentemente stava terminando.


Le crisi di vertigini di lunga durata spontanee

Nelle crisi maggiori di lunga durata a esordio spontaneo, non innescate da particolari movimenti stimolanti, tipicamente la vertigine e i fenomeni neurovegetativi si riducono con determinate posizioni del corpo (della testa) o degli occhi e al contrario si aggravano con altre. Nonostante quel che fanno molti pazienti istintivamente, il malessere si attenua con gli occhi aperti e fissando un punto preciso e si accentua con gli occhi chiusi. La durata e l’intensità della vertigine e dei fenomeni neurovegetativi associati sono strettamente condizionate anche dalla reazione di panico maggiore o minore del paziente.  

Non sono mai pericolose, purché non si cerchi di camminare o guidare con la vertigine in atto. Contemporaneamente infatti esiste anche uno squilibrio del tono muscolare, risposta del cervello alla errata informazione proveniente dal labirinto, che può determinare cadute, quindi in presenza di un attacco acuto, quasi sempre preannunciato e in “crescendo”, anche se spesso in tempi piuttosto rapidi, bisogna comunque sedersi o meglio ancora sdraiarsi assumendo una determinata posizione del corpo, della testa e dello sguardo e cercare di limitare i movimenti della testa finché perdura la vertigine. Da molti anni ho personalmente ideato (imparando anche dai pazienti stessi che se ascoltati sono spesso fonte preziosa) dei metodi di controllo e risoluzione rapida della vertigine acuta, che vengono forniti a ogni paziente insieme alla terapia. La durata della crisi non trattata può essere molto variabile, a volte anche di diverse ore, che possono però ridursi anche a 10-15 minuti o meno, con determinati accorgimenti, e soprattutto controllando il panico. La durata della vertigine comunque ha minor valore diagnostico. Quel che conta per definire queste crisi “maggiori” è la spontaneità, ovvero il fatto che non siano scatenate, al loro esordio, da un movimento specifico della testa.

Possono spesso associarsi ad altri sintomi cocleari quali ipoacusia, acufene, fullness che possono aggravarsi o comparire prima, durante o dopo la crisi o paradossalmente risolversi o ridursi nettamente con la comparsa dell’attacco di vertigine se presenti prima della crisi (fenomeno di Lermoyez). Ma l’associazione di sintomi cocleari, peraltro non sempre presenti, non è assolutamente condizione necessaria per diagnosticare quella vertigine come da orecchio o da idrope poiché, come detto, tutte le vertigini sono comunque da orecchio e tutte quelle recidivanti sono comunque sempre da idrope.

Queste sono le vertigini considerate (dagli altri più che da me che non do alcun valore alla definizione di Meniere ma considero i sintomi uno ad uno individualmente) “tipiche” della malattia di Meniere o meglio sindrome di Meniere, della quale parleremo in dettaglio, anche con un apposito video, nella prossima tappa dell’ esplorazione e apprendimento guidati, prima di passare alla terapia.


Le crisi di vertigini brevi scatenate dal movimento

Ma, oltre alle crisi maggiori e spontanee di vertigine come quelle ora descritte, esistono crisi di durata molto minore (minuti o meno di un minuto), tipicamente scatenate da particolari movimenti e spesso solo da un determinato movimento specifico. Questo tipo di crisi viene definito vertigine posizionale parossistica benigna o VPPB. Il meccanismo sottostante viene tradizionalmente, ma erroneamente, attribuito alla dispersione di otoliti (le concrezioni minerali presenti nelle macule del sacculo e dell’utricolo, definiti spesso “sassolini dell’orecchio” dai pazienti) che entrando in uno dei tre canali semicircolari stimolerebbero in modo anomalo il recettore (cupola) di quel canale procurando la vertigine (teoria della cupolitiasi o canalolitiasi di Schuknecht).

Già la definizione è poco corretta. Dovrebbe semmai essere definita da posizionamento visto che non è la posizione a crearla, ma lo spostare il capo in una determinata posizione, e l’impiego del termine “benigna” è davvero poco comprensibile, non esistendo certo forme “maligne” di vertigine.

Ma soprattutto quel che non è corretto è il meccanismo al quale vengono praticamente da tutti attribuite, visto che in realtà anche le crisi di vertigini parossistiche da movimento sono da idrope e la teoria del “sassolino vagabondo” è solo qualcosa che viene tramandato dagli anni ’60, senza che nessuno sia davvero mai preso la briga di verificare e confermare questa ipotesi. Se avete voglia di saperne di più sul percorso che mi ha portato a questa conclusione, ormai da oltre 20 anni, potete leggere l’articolo del blog Idrope News dedicato a questo argomento, “La leggenda del sassolino vagabondo“, ma i concetti più importanti ve li riassumo anche qui.

Vppb
Fate clic sull’immagine per accedere all’articolo (collegamento esterno)

Di fatto anche questo tipo di crisi di vertigini sono da idrope e vengono trattate con successo con la terapia contro l’idrope. Peraltro in oltre il 95% dei casi (un po’ troppo per credere a una coincidenza) il paziente ha, avrà o ha già avuto anche almeno uno degli altri sintomi da idrope, che non possono certo essere dovuti agli otoliti, quali disequilibrio, vertigini maggiori, ma anche sintomi cocleari come acufeni, ipoacusia e fullness, e con frequenza e intensità maggiori rispetto a quanto comunque possibile nella popolazione generale. Inoltre tutti i pazienti con vertigine posizionale da movimento hanno alterazioni documentabili non attribuibili agli otoliti di fatto identiche a quelle dei pazienti con crisi di vertigini maggiori o Meniere conclamata. Infine anche questi (i pazienti con Meniere) se interrogati in modo preciso, riferiscono quasi sempre di aver avuto o avere anche piccole crisi di vertigini posizionali da movimento, alle quali danno meno importanza vista la maggior invalidità delle crisi maggiori. Insomma non si tratta di una associazione per pura coincidenza ed è difficile pensare che quasi tutti abbiano due diverse patologie nel labirinto, non correlate tra loro.

Distinguere una vertigine di tipo maggiore da una posizionale è però comunque importante per la diversa strategia di trattamento, visto che le crisi “minori” parossistiche da movimento si possono trattare ripetendo il movimento scatenante più volte in sequenza sia in fase acuta, sia come prevenzione delle recidive a breve distanza con esercizi di ginnastica vestibolare (che non ha niente a che vedere con la “riabilitazione vestibolare” e non è terapia ideata da me, sebbene io la abbia modificata), a volte perfino quale unico trattamento necessario, altre volte in associazione con le altre componenti della terapia contro l’idrope, soprattutto se ci sono altri sintomi da trattare.

Le manovre “liberatorie”

Nonostante sia un argomento di terapia ve ne parlo già qui vista la stretta correlazione con le vertigini posizionali ed essendo questa la terapia più diffusa per trattarle.

Mai nella mia intera carriera professionale ho effettuato o proposto le cosiddette manovre liberatorie (manovra di Semont e affini) per rispetto a una delle prime regole della Medicina che pochi, soprattutto nel mio settore, rispettano, ovvero prima di tutto, non far danni, e non peggiorare la situazione del paziente.

Crisi di vertigini dopo manovra liberatoria. Primum non nocere

Nonostante possano dare benefici seppur transitori in oltre l’80% dei casi, e non so come, forse agendo sui liquidi (non lo so!), ma non certo riportando gli otoliti all’interno della matrice gelatinosa dalla quale si sarebbero distaccati, in numerosi altri casi le brusche manovre “liberatorie” fanno star peggio! Possono infatti creare una crisi di vertigini acuta molto maggiore di quelle per le quali il paziente si è rivolto al medico, con conseguente reazione di panico e netto aumento della dinamofobia (paura del movimento) che è spesso frequente in questi pazienti, riconoscibili già dal modo come si muovono, controllato e “protetto”, che mi ricorda il robot umanoide del primo Star Wars, se avete presente, e che spesso mettono in atto accorgimenti per non girarsi nel letto durante il sonno. Inoltre le manovre liberatorie possono scatenare un disequilibrio soggettivo non presente prima o aggravarlo. E se anche esistesse il rischio di tutto questo su un solo paziente ogni 100 per me questo sarebbe comunque un vincolo a non proporla come terapia.



Nella prossima pagina

Nella prossima pagina vi parlerò del disequilibrio soggettivo cronico, uno dei disturbi più facili da capire e da trattare con successo, ma del quale tutti i medici inclusi gli specialisti sembrano non aver capito assolutamente nulla o non sapere nemmeno della sua esistenza. E pensare che nella mia attività professionale è il secondo disturbo più importante dopo gli acufeni, in ordine di frequenza di richieste di consulenza e terapia. Come al solito se state seguendo l’esplorazione guidata vi consiglio di leggere tutto, perché i sintomi da idrope possono associarsi ma anche modificarsi nel tempo così come le modalità di presentazione delle vertigini e in generale sintomi vestibolari, ma se volete andare direttamente a specifici disturbi potete farlo dal menu presente in ogni pagina. Oppure potete saltare le spiegazioni dettagliate e andare direttamente alla prossima sezione, dove vi parlerò della malattia o sindrome di Meniere, che tutti, indipendentemente dai sintomi attuali, dovrebbero conoscere per quel che realmente è.

Se volete informazioni minime più sintetiche e non siete interessati a conoscere davvero tutto (peccato, ma posso capire), avete a disposizione la versione sintetica internazionale, nata per dare informazione anche ai pazienti che parlano altre lingue (nonostante questo sito abbia un sistema di traduzione automatica), ma utile anche per chi parla italiano, se volete solo sapere lo stretto indispensabile per decidere di fare terapia con me.

Oppure guardate questo video di appena 10 minuti che vi riassume tutto dalle basi alla terapia mostrando parti del sito con testi e immagini,

Potete anche visualizzare e scaricare un file in formato PDF per guardare tutte le schermate che compongono il video.

Oppure, se preferite, guardate questo video dove vi spiego tutti i concetti fondamentali in 20 minuti!

Infine, per avere risposta diretta alle domande più frequenti potete consultare la nuova serie di video brevi (Shorts YouTube). Ogni giorno vengono pubblicati nuovi video e potete inserire nei commenti altre domande alle quali vorreste avere risposta con un nuovo video breve.

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Dott. Andrea la torre, specialista in otorinolaringoiatria per idrope e sintomi correlati

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